Sicuramente non è un problema annoso come la fame nel mondo e d’altronde io non sono premio nobel per la pace, quindi qualche riga su logo e brand la posso spendere con un discreto grado di tranquillità.
LOGO e BRAND non sono sinonimi e soprattutto non sono l’uno la traduzione dell’altro. Il bello del graphic design è che appassiona un po’ tutti e in un paese di allenatori, virologi, economisti (etc…) è bello avere tanti “cugini” che ne sanno più di te ad un prezzo più basso. Detto questo spenderò 150 parole per provare a fare chiarezza: ovviamente non si tratta di un’analisi semantica dei termini o un trattato di Marketing ma, come dice la categoria “easy to use”, una semplificazione estrema che aiuta a costruire un terreno comune sul quale intendersi.
Il LOGO (purtroppo per consuetudine usato per indicare il MARCHIO di cui è parte) è l’elemento grafico (tipografico e/o pittografico) che distingue un’azienda dai concorrenti. Il BRAND è ciò che quel logo significa per chi guarda ed è fatto di valori, relazioni, storia, reputazione. Esempio estensivo: il tratto d’inchiostro che compone una firma è un logo, la persona è il brand. A seconda di chi legge quella firma il brand ha un valore: quella di un genitore è garanzia per l’insegnante (a volte), in un contratto indica un accordo tra le parti e in un biglietto d’auguri partecipazione emotiva. Parimenti il logo Nike (o altro) ha un valore diverso per consumatori o investitori ma è un brand unico. Creare un logo e costruire un brand non è uguale: il brand parte dal logo e resta in relazione con esso ma è fatto di una materia diversa: si forma nel tempo.